FAO: I sistemi alimentari contribuiscono per oltre un terzo alle emissioni mondiali di gas a effetto serra

Una nuova banca dati offre informazioni dettagliate sul contributo di settori quali l’utilizzo del suolo, la produzione agricola, la refrigerazione, l’imballaggio e altri, e fornisce validi suggerimenti per azioni di mitigazione di tipo olistico

9 marzo 2021, Roma Stando a un nuovo studio pionieristico pubblicato nella rivista Nature Food, i sistemi alimentari di tutto il mondo sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni mondiali di gas a effetto serra di origine antropica.

Si calcola che nel 2015 le emissioni riconducibili ai sistemi alimentari, a partire dai cambiamenti nella destinazione d’uso dei terreni per arrivare alla produzione agricola e, infine, ai settori dell’imballaggio e della gestione dei rifiuti, abbiano raggiunto un volume pari a 18 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio equivalente. Questa cifra equivale al 34 percento delle emissioni totali, una percentuale che sta progressivamente diminuendo rispetto al 44 percento del 1990, sebbene le emissioni generate dai sistemi alimentari abbiano continuato ad aumentare in termini assoluti.

Lo studio, condotto da Francesco Tubiello, statistico principale ed esperto in cambiamenti climatici presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), in collaborazione con ricercatori del Centro comune di ricerca della Commissione europea con sede a Ispra, Italia, contiene un vero e proprio patrimonio di dati e, soprattutto, presenta una nuova banca dati, denominata EDGAR-FOOD, in cui sono state pubblicate serie storiche di dati procedendo a ritroso fino al 1990. Queste informazioni permettono di tracciare in maniera granulare le tendenze in corso e future. Il nuovo strumento, che fa affidamento sui principali dati relativi all’utilizzo del suolo della banca dati statistica FAOSTAT, mette a disposizione una serie completa e coerente di dati riferiti a molteplici settori, che si riveleranno essenziali nella pianificazione di azioni di mitigazione e percorsi di transizione efficaci verso sistemi alimentari sostenibili.

Esso consente altresì di avere una panoramica più chiara e di calcolare con maggior precisione gli effetti sul clima della produzione, della distribuzione e del consumo alimentare in vista dell’importante Vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari 2021, in programma il prossimo autunno. Il Rapporto speciale “Cambiamenti climatici e territorio” del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) ha recentemente attribuito al sistema alimentare un volume compreso tra 11 e 19 miliardi di tonnellate di emissioni all’anno, le cui proporzioni rendono impellente la necessità di colmare le nostre lacune di conoscenze.

La banca dati EDGAR-FOOD costituisce una pietra miliare nel processo di comprensione della traiettoria di sviluppo del sistema alimentare globale. Essa consente di valutare l’impatto che le oscillazioni dei comportamenti dei consumatori o l’evoluzione tecnologica può avere sulle emissioni di gas a effetto serra generate dai sistemi alimentari e può diventare uno strumento prezioso per i ricercatori che operano in settori specifici nonché per i decisori politici incaricati di definire strategie di mitigazione che non si limitino semplicemente a deviare le emissioni verso altri settori.

La FAO, che già dispone di cospicue serie di dati sulle emissioni generate dall’attività agricola e dall’utilizzo del suolo, sta creando una nuova raccolta di dati a sostegno delle attività del Vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari.

Risultati principali

Circa due terzi delle emissioni riconducibili ai sistemi alimentari globali provengono dal settore delle attività di uso del suolo, che comprendono l’agricoltura, lo sfruttamento del suolo e le modifiche della destinazione dei terreni. La cifra è più alta per i paesi in via di sviluppo, ma si rileva al tempo stesso una significativa flessione che va di pari passo con il calo della deforestazione e con l’aumento delle attività a valle come la lavorazione e la refrigerazione degli alimenti.

In termini di contributo alle emissioni totali di gas a effetto serra di origine antropica, i sistemi alimentari dei paesi industrializzati sono genericamente stabili al 24 percento circa, mentre nei paesi in via di sviluppo la percentuale è precipitata dal 68 percento del 1990 al 39 percento del 2015, in parte a fronte di un marcato aumento delle emissioni non correlate al settore alimentare.

Figurano tra i principali emettitori, nell’ordine: Cina, Indonesia, Stati Uniti d’America, Brasile, Unione europea e India.

Le fasi della produzione che accompagnano i prodotti alimentari dal campo fino ai cancelli dell’azienda agricola, compreso in questo processo l’uso di mezzi quali i fertilizzanti, sono quelle che attualmente più di tutte concorrono alle emissioni complessive dei sistemi alimentari (39 percento del totale). L’utilizzo del suolo e i fattori ad esso correlati contribuiscono per il 38 percento, mentre la distribuzione è responsabile del 29 percento delle emissioni, un dato che sta crescendo e che è destinato a crescere ulteriormente in futuro.

Il metano (CH4) produce il 35 percento circa delle emissioni di gas a effetto serra correlate ai sistemi alimentari, senza enormi differenze tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo; in questo caso, si tratta perlopiù di emissioni generate dall’allevamento del bestiame e dalla coltivazione del riso.

La ricerca evidenzia che i sistemi alimentari mondiali stanno diventando ambiti a forte attività energetica in seguito agli sviluppi in corso nei settori della vendita al dettaglio, dell’imballaggio, dei trasporti e della lavorazione, le cui emissioni sono in rapida crescita in alcuni paesi in via di sviluppo. Nel frattempo, nei paesi industrializzati si è registrato un aumento delle emissioni di gas fluorurati a effetto serra, che sono impiegati nel settore della refrigerazione e in altre applicazioni industriali e che hanno un impatto enorme sul riscaldamento globale. La refrigerazione è responsabile di quasi la metà del consumo energetico da parte del settore della vendita al dettaglio e della rete dei supermercati, le cui emissioni sono più che quadruplicate in Europa dal 1990. In tutto il mondo le attività correlate alla “catena del freddo” concorrono per il 5 percento circa alle emissioni globali riconducibili ai settori alimentari, una cifra che andrà crescendo nel tempo.

È stato inoltre dimostrato che, al giorno d’oggi, gli imballaggi contribuiscono per il 5,4 percento circa alle emissioni globali generate dai sistemi alimentari, più di qualsiasi altro fattore della filiera alimentare, compreso il trasporto. L’intensità delle emissioni, tuttavia, varia notevolmente da prodotto a prodotto, con il vino e la birra che risultano responsabili di una porzione significativa dell’impatto prodotto dagli imballaggi, mentre banane e zucchero di barbabietola fanno registrare emissioni più alte nella fase del trasporto.

In media, le emissioni annue pro capite correlate ai sistemi alimentari in tutto il mondo sono diminuite di circa un terzo, fino a raggiungere il volume di 2 tonnellate di CO2 equivalente. Questo dato non è da intendersi come un sinonimo di “impronta dei consumatori”, poiché quest’ultima informazione dipende dalle specifiche abitudini alimentari dei singoli cittadini; tuttavia, può essere utilizzato come valore di riferimento rispetto al quale misurare le azioni di mitigazione condotte a livello nazionale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra generate dal sistema alimentare nel suo complesso.

 

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