IL CAPO DEL WFP LANCIA L’ALLARME SUI GRAVI PERICOLI DELL’IMPATTO ECONOMICO DEL CORONAVIRUS CON MILIONI DI PERSONE ANCORA DI PIÙ ALLA FAME

Trascrizione del discorso tenuto da David Beasley, Direttore Esecutivo del World Food Programme, alla sessione in remoto del 17 settembre 2020 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su Protezione dei Civili nei Conflitti Armati (segmento sui rischi della sicurezza alimentare nella Repubblica Democratica del Congo, Yemen, nord-est della Nigeria e Sud Sudan).

 

NEW YORK – Cinque mesi fa, l’allarme che avevo lanciato al Consiglio era che il mondo fosse sull’orlo di una pandemia di fame. Una combinazione tossica di conflitti, cambiamenti climatici e COVID-19 che minacciava di spingere 270 milioni di persone sull’orlo della fame. La carestia era reale. Ed è una possibilità terrificante per tre dozzine di Paesi se non continuiamo a comportarci come abbiamo fatto finora.

 

Fortunatamente, da quando ne abbiamo parlato ad aprile, il mondo ha ascoltato. Donatori, leader di tutto il mondo hanno risposto, hanno agito. Paesi grandi e piccoli hanno adottato misure straordinarie per salvare la vita dei propri cittadini e sostenere le proprie economie, spendendo 17 trilioni di dollari in stimoli fiscali e sostegno alle banche centrali. Il Fondo Monetario Internazionale e le nazioni del G20 hanno gettato un’ancora di salvezza alle nazioni più povere sospendendo i rimborsi dei debiti. Ciò ha avuto un impatto enorme. I donatori hanno risposto con finanziamenti anticipati in modo da permetterci di pre-posizionare il cibo e anticipare i movimenti dei cargo, oltre al supporto attraverso donazioni salvavita in contante. Con l’aiuto dei nostri donatori, la comunità umanitaria ha lanciato una enorme e senza precedenti controffensiva globale contro il Coronavirus.

 

Insieme ai nostri partner, il WFP si sta adoperando in tutti i modi per raggiungere fino a 138 milioni di persone quest’anno, come mai successo prima d’ora. Nei primi sei mesi del 2020 abbiamo già raggiunto 85 milioni di persone.

 

Il WFP sta facendo ciò che sa fare meglio: adattarsi e innovare per rispondere alle particolari sfide poste dalla pandemia, lanciando nuovi programmi di distribuzione di cibo e di denaro per sostenere chi soffre la fame nelle aree urbane; sostenendo oltre 50 governi nel potenziamento delle loro reti di sicurezza e programmi di protezione sociale a favore dei più vulnerabili; fornendo cibo nutriente a milioni di bambini che non vanno più a scuola a causa del lockdown.

 

Ogni giorno, grazie a voi, riusciamo a mantenere in vita le persone e ad evitare una catastrofe umanitaria. Ma non ne siamo ancora fuori. La battaglia è tutt’altro che finita: i 270 milioni di persone che possono essere a un passo dalla fame hanno bisogno del nostro aiuto oggi più che mai.

 

Stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere per impedire che la diga esondi. Ma, senza le risorse di cui abbiamo bisogno, l’onda lunga della fame e della carestia minaccia ancora di dilagare in tutto il mondo. E se lo farà, travolgerà nazioni e comunità già indebolite da anni di conflitti e instabilità.

 

Questo Consiglio ha preso una decisione storica quando ha approvato la risoluzione 2417, condannando il costo umano dei conflitti pagato con fame e sofferenza. La risoluzione chiedeva efficaci sistemi di allerta precoce, perciò, ancora una volta, sono qui con i miei colleghi per dare l’allarme.

 

Eccellenze, la crisi alimenare globale causata da conflitti, e ora aggravata dal COVID-19, sta entrando in una nuova e pericolosa fase, specialmente nelle nazioni già segnate dalla violenza. La minaccia della carestia si profila di nuovo all’orizzonte, dobbiamo quindi fare un passo avanti, non un passo indietro. Per dirla con franchezza, il 2021 sarà un anno decisivo.

 

Finanziariamente, il 2020 è stato un anno record per il WFP. Per la prima volta in assoluto il budget ha raggiunto gli 8 miliardi di dollari, ma era un budget stabilito prima della pandemia. Le economie erano forti. Erano disponibili fondi di riserva o di emergenza. Ora, però, sono veramente preoccupato per quello che accadrà il prossimo anno. So che i vostri governi stanno spendendo miliardi in pacchetti di stimolo per le economie interne. I bilanci nazionali sono limitati e le riserve stanno finendo se non sono addirittura già esaurite. E le economie si stanno contraendo. Ma vi esorto – non abbandonate l’impegno a favore dell’assistenza umanitaria. Non voltate le spalle a chi nel mondo soffre gravemente la fame.

 

Il COVID-19 ha costretto i paesi a misure di lockdown, l’equivalente di 400 milioni di posti di lavoro sono andati in fumo e le rimesse sono crollate. L’impatto è stato più forte per i 2 miliardi di persone che lavorano nell’economia informale in tutto il mondo, principalmente nei paesi a basso e medio reddito, per quanti se non lavorano un giorno rischiano di non mangiare, per chi vive alla giornata. Io e tutti voi abbiamo le dispense piene di cibo, in caso di lockdown, cibo a sufficienza per due o tre settimane. Queste persone non hanno questo lusso. Se perdono la paga di una giornata, perdono il cibo per la giornata e i loro figli soffrono. Non hanno i soldi per comprare il pane in tali circostanze. Ciò crea inevitabilmente il rischio di crescenti tensioni sociali e di instabilità.

 

È fondamentale trovare un equilibrio tra le misure che servono a contenere la diffusione del virus e la necessità di mantenere le frontiere aperte, le catene di approvvigionamento fluide e i flussi commerciali in movimento. Dobbiamo anche essere vigili e proteggerci da conseguenze indesiderate, che potrebbero colpire più duramente le persone più povere. Nei circa 80 paesi in cui siamo presenti, stiamo lavorando con i presidenti, i primi ministri, i ministri del governo, letteralmente ora dopo ora, affrontando questioni che stanno emergendo a causa di quarantene, lockdowns e centri di distribuzione. Stiamo tutti imparando e facendo progressi.

 

Ma lasciatemi fare solo un paio di esempi, perché molte persone pensavano che il virus sarebbe stato ancora più letale in Africa. Sta sicuramente incidendo sull’Africa. Il pericolo non è ancora scongiurato. La buona notizia è che non è stato così mortale ma è stato devastante in altri modi. Ad esempio, la London School of Health and Tropical Medicine ha analizzato la chiusura delle cliniche di vaccinazione in Africa durante il lockdown e ha calcolato che, per ogni morte per COVID-19 evitata, fino a 80 bambini possono morire a causa della mancanza di vaccinazioni di routine.

 

C’è il grave pericolo che molte più persone possano morire a causa delle più ampie conseguenze economiche e sociali del COVID-19 che non a causa del virus stesso, specialmente in Africa. E l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che la cura sia peggiore della malattia.

 

Il vostro continuo sostegno ai programmi umanitari è fondamentale in questo momento. È una questione di vita o di morte, letteralmente. Per milioni di persone nei paesi di cui stiamo parlando oggi. E per molti milioni in più in altri Paesi che rischiano di arrivare sull’orlo della fame. Sappiamo già che ci sono 30 milioni di persone che contano solo sull’assistenza alimentare del WFP per la loro sopravvivenza. Questo è l’unico cibo che hanno. Se non lo ricevono, moriranno.

 

Consentitemi di passare ai paesi all’ordine del giorno di oggi. Nella Repubblica Democratica del Congo, conflitti e instabilità avevano già costretto 15,5 milioni di persone a livelli di crisi alimentare. Sono persone sull’orlo della fame. L’ultima valutazione indica che l’aumento delle violenze, insieme al COVID-19, ha fatto schizzare questo totale a quasi 22 milioni di persone, con un aumento di 6,5 milioni di persone. Mi preme sottolineare che queste cifre presumono che il WFP sia in grado di mantenere gli attuali livelli di assistenza alimentare. Se saremo costretti a ridimensionare le operazioni, le prospettive saranno ancora peggiori.

 

Nello Yemen continua la peggiore catastrofe al mondo, il peggior disastro umano. Anni di fame indotta dal conflitto e ora la pandemia di COVID-19. Venti milioni di persone sono già in stato di crisi a causa della guerra, del crollo dell’economia e della svalutazione della moneta, dei prezzi del cibo inavvicinabili e della distruzione delle infrastrutture pubbliche. Pensiamo che altri 3 milioni di persone potrebbero ora rischiare la vita per la fame a causa del virus.

 

Per la mancanza di fondi, al momento 8,5 milioni di persone in Yemen ricevono la nostra assistenza solo a mesi alternati. Entro dicembre saremo costretti a tagliare le razioni per i restanti 4,5 milioni di persone se i fondi non aumentano. Potete solo immaginare l’impatto che avrà sul popolo yemenita.

 

La scorsa settimana la decisione delle autorità di Ansar Allah di chiudere l’aeroporto internazionale di Sana’a ha peggiorato una situazione già impossibile. Si tratta dell’unico aeroporto nel nord dello Yemen, ed è un punto di accesso vitale per il personale umanitario. L’impossibilità di far entrare e uscire lo staff ostacolerà i nostri sforzi per evitare la carestia.

 

I campanelli d’allarme nello Yemen stanno risuonando forte e chiaro e il mondo ha bisogno di aprire gli occhi sulla disperata situazione del popolo yemenita prima che la carestia prenda piede. E quella carestia sta bussando alla porta proprio davanti ai nostri occhi.

 

Nigeria: per Il COVID-19 ancora più persone soffrono di insicurezza alimentare. Le analisi mostrano che le misure imposte per contenere il virus hanno ridotto i redditi nell’80% delle famiglie. Basta questo ad immaginare la devastazione causata.

 

Nel nord-est del paese, 4,3 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare, 600.000 in più in gran parte a causa del COVID-19. Mentre nella vasta area urbana di Kano, il numero di persone insicure dal punto di vista alimentare durante il lockdown da marzo a giugno è passato da 568.000 a 1,5 milioni di persone, si tratta di un milione di persone in più, fatto davvero molto preoccupante.

 

Per il Sud Sudan, le prospettive sono altrettanto preoccupanti. Già prima della pandemia, si stimava che 6,5 milioni di persone avrebbero dovuto affrontare una grave insicurezza alimentare al culmine della stagione di magra, aggravata dalle violenze nello Stato di Jonglei negli ultimi mesi. Ciò ha provocato lo sfollamento di decine di migliaia di civili, un gran numero di donne e bambini rapiti e una diffusa perdita di bestiame e mezzi di sussistenza. Inoltre, i focolai del virus nelle aree urbane come Juba potrebbero mettere a rischio fame fino a 1,6 milioni di persone.

 

Infine, anche se non è all’ordine del giorno di oggi, desidero anche sottolineare il disastro che sta avendo luogo in Burkina Faso, a causa dell’escalation di violenze. Il numero di persone che soffrono livelli di fame critici è triplicato fino a 3,3 milioni di persone, mentre il COVID aggrava la situazione … problemi di sfollamento, sicurezza e accesso. Per 11.000 di queste persone che vivono nelle province settentrionali, la carestia è alle porte, proprio in questo momento.

 

Eccellenze, sappiamo cosa c’è da fare. Abbiamo compiuto enormi passi avanti nell’individuare i primi allarmanti segnali della carestia, nel comprenderne le cause e le conseguenze. Ma, tragicamente, abbiamo visto questa storia ripetersi troppe volte in passato. Si aspetta, finché poi non è troppo tardi, mentre la fame uccide, rinfocola le tensioni della comunità, alimenta i conflitti e l’instabilità e costringe le famiglie ad abbandonare le proprie case.

 

Di recente ho appreso che, in America Latina, le famiglie affamate hanno iniziato a mettere delle bandiere bianche all’esterno delle loro case in segno di richiesta di aiuto. Ce ne sono molte: oggi, 17,1 milioni di persone vivono in una condizione di grave insicurezza alimentare, solo sei o sette mesi fa erano 4,5 milioni.

 

Una bandiera bianca è simbolo di resa, di rinuncia. Ebbene, non possiamo e non dobbiamo arrenderci, o dire a noi stessi che non c’è niente che possiamo fare, perché milioni di persone in tutto il mondo hanno un disperato bisogno del nostro aiuto.

 

La verità è che non abbiamo più scuse per non agire – rapidamente e con decisione – mentre bambini, donne e uomini muoiono di fame. Oggi, come umanitari, siamo qui per lanciare l’allarme sugli stress posti dai conflitti e dal COVID-19. Dobbiamo agire e dobbiamo farlo prima che la diga esondi.

 

Ma, anche nel pieno della crisi, c’è speranza. Abbiamo visto brillare delle luci nelle ultime settimane. Gli accordi di pace firmati in Sudan e in Medio Oriente nelle ultime due settimane ci restituiscono qualche speranza, perché la pace è la chiave di tutto. Ed è questo ciò di cui tratta la Risoluzione 2417.

 

E quindi c’è bisogno del sostegno di tutti. Signor Presidente, i governi sono a corto di risorse, le persone sono a corto di denaro. È tempo che il settore privato si faccia avanti.

 

Vi potreste chiedere perché ne sto parlando al Consiglio di Sicurezza. Ma coglierò ogni occasione che ho per lanciare l’allarme prima che sia troppo tardi.

 

Abbiamo bisogno di 4,9 miliardi di dollari per nutrire, per un anno, le 30 milioni di persone che moriranno senza la nostra assistenza.

 

In tutto il mondo ci sono oltre 2.000 miliardari con un patrimonio netto di 8.000 miliardi di dollari. Solo nel mio paese, gli Stati Uniti, 12 persone da sole possiedono 1.000 miliardi di dollari. Secondo alcuni rapporti, tra l’altro, tre di loro hanno guadagnato diversi miliardi durante il COVID. Non sono contrario alle persone che fanno soldi, ma l’umanità sta affrontando la più grande crisi che nessuno di noi ha mai visto nella propria vita.

 

È tempo che chi ha di più si faccia avanti, per aiutare chi ha di meno in questo momento momento straordinario della storia del mondo. Per dimostrare che si ama veramente il prossimo. Il mondo ha bisogno di voi adesso ed è tempo di fare la cosa giusta.

Attualità