Cinque cose da sapere sulla crisi del Sudan

Nonostante i ripetuti annunci per un cessate il fuoco, continuano gli intensi combattimenti tra le due fazioni militari scoppiati nella capitale del Sudan, Khartum, il 15 aprile e diffusisi velocemente in altre parti del paese.

Le conseguenze sono state catastrofiche per la popolazione civile coinvolta nel fuoco incrociato. Centinaia di persone sono state uccise e molte altre sono state ferite, centinaia di migliaia sono sfollate, le strutture sanitarie sono state attaccate e i prezzi di alimenti, combustibili e altre materie essenziali sono aumentati vertiginosamente.

I combattimenti hanno causato un’emergenza umanitaria sia all’interno del Sudan sia nei paesi limitrofi come Chad, Sudan del Sud ed Egitto, dove innumerevoli persone fuggono in cerca di salvezza.

In mancanza di una risoluzione rapida e pacifica, le ripercussioni saranno devastanti per il Sudan e l’intera regione, le quali avevano già difficoltà a gestire la massa di persone sfollate, tumulti economici e shock climatici prima dello scoppio dell’ultima crisi.

Di seguito, un panorama del contesto umanitario dietro l’attuale crisi, l’impatto previsto sulla popolazione civile e ciò che UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, e i suoi partner stanno facendo in riposta.

1. Questa crisi sta aggravando livelli ormai record di bisogni umanitari in Sudan 

I recenti conflitti tra le forze armate del Sudan e le forze paramilitari di reazione rapida giungono in un momento in cui il Sudan stava già vivendo i massimi livelli di bisogni umanitari nel corso di un decennio.

La rimozione dello storico leader autoritario Omar al-Bashir nel 2019 portò dell’ottimismo, evento che fece pensare che il paese sarebbe tornato a un governo civile. Tuttavia, un colpo di stato militare due anni dopo dissolse il governo di transizione civile innescando tumulti politici ed economici, e riaccendendo un conflitto intercomunitario nella regione occidentale di Darfur e negli stati del Nilo Azzurro e Kordofan.

Inoltre, le estreme condizioni meteorologiche legate al cambiamento climatico, tra cui inondazioni e siccità, hanno colpito centinaia di migliaia di persone nel paese, distruggendo coltivazioni, uccidendo bestiame e rendendo sempre più difficile per le famiglie mettere il cibo a tavola.

2. Prima dell’attuale conflitto, 4,5 milioni di persone del Sudan erano già sfollate 

 Il Sudan era alle prese con conflitti e sfollamenti sin dall’inizio della crisi in Darfur nel 2003. Entro la fine del 2022, erano più di 3,7 milioni le sfollate e gli sfollati interni, con la maggior parte che viveva nei campi profughi in Darfur. Ulteriori 800.000 persone del Sudan vivevano come rifugiate in paesi limitrofi come il Chad, Sudan del Sud, Egitto ed Etiopia.

Contemporaneamente, il paese ospitava più di un milione di persone rifugiate, la seconda più alta popolazione di rifugiate e rifugiati in Africa. La maggior parte provenivano dal Sudan del Sud e vivevano a Karthum e negli stati del Nilo Bianco. Tuttavia, le rifugiate e i rifugiati che scappavano dalla crisi nell’Etiopia settentrionale alla fine del 2020 trovarono rifugio nel Sudan orientale e altri provenivano dall’Eritrea, dalla Siria e dalla Repubblica Centrafricana.

Alcuni di coloro che fuggono dal paese sono rifugiati che cercano di tornare a casa oppure di andare in paesi limitrofi, anche se significa recarsi in zone tutt’altro che stabili o pronte per la loro accoglienza

3. L’UNHCR stima che circa 860.000 persone possano fuggire dal Sudan verso i paesi confinanti

L’Egitto ha accolto il maggior numero di persone, seguito da Ciad, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana e l’Etiopia. Nel Sud Sudan, coloro che arrivano sono principalmente cittadini che tornano in patria dopo aver vissuto in Sudan come rifugiati.

Senza una soluzione alla crisi, altre centinaia di migliaia di persone saranno costrette a fuggire in cerca di sicurezza e assistenza di base. L’UNHCR e i suoi partner stimano che il numero di rifugiati e di persone rimpatriate potrebbe arrivare a 860.000 entro ottobre.

4. Il caos in Sudan sta ulteriormente aumentando le necessità dei paesi ospitanti, già in difficoltà.

Tutti i paesi limitrofi colpiti da questa nuova emergenza stavano già ospitando un gran numero di rifugiati e sfollati interni, con finanziamenti umanitari insufficienti e in diminuzione. Allo stesso tempo, paesi come il Ciad e il Sud Sudan (i due paesi meno sviluppati al mondo) stavano già affrontando la fame, l’insicurezza e gli impatti del cambiamento climatico.

Ora il conflitto sta interrompendo il commercio e le catene di approvvigionamento, facendo aumentare i costi dei generi alimentari e del carburante.

Coloro che attraversano i confini, per lo più donne e bambini, arrivano con un bisogno urgente di cibo, acqua, rifugio, assistenza sanitaria e articoli di prima necessità come coperte, utensili da cucina e sapone. Il sostegno psicosociale per genitori e bambini che hanno assistito o subito violenze orribili è un’altra priorità, così come l’adozione di meccanismi per prevenire e rispondere alla violenza di genere.

Con l’inizio della stagione delle piogge, previsto tra poche settimane, è iniziata la corsa al dislocamento degli aiuti prima che le strade verso le regioni di confine più remote diventino impraticabili, isolando dall’assistenza i rifugiati appena arrivati.

Le strade del Sud Sudan sono state già danneggiate da diversi anni di inondazioni devastanti, rendendo quasi impossibile per i rifugiati in rientro viaggiare dal confine alle loro aree di origine. Coloro che riescono a tornare a casa probabilmente troveranno comunità fragili ancora in fase di ripresa dopo anni di conflitto.

5. Urge un maggiore aiuto

L’UNHCR dispone di squadre di emergenza nei paesi confinanti e sta collaborando con le autorità nazionali e i partner per registrare i nuovi arrivi, garantire il soddisfacimento dei loro bisogni più immediati e trasferirli lontano dalle aree di confine. Ma questo è solo l’inizio.

L’UNHCR e i suoi partner hanno inizialmente stimato che nei prossimi mesi avranno bisogno di 445 milioni di dollari per rispondere alle esigenze delle persone che fuggono dal Sudan, ma tale cifra potrebbe aumentare quando verrà pubblicato un piano di risposta dettagliato nei prossimi giorni.

In Sudan, gli scontri a Khartum e in Darfur hanno limitato la capacità dell’UNHCR e delle altre agenzie umanitarie di fornire assistenza. Inoltre, i rifornimenti di aiuti sono stati saccheggiati. Nelle aree in cui la situazione di sicurezza è più tranquilla, l’UNHCR è riuscito a visitare gli insediamenti dei rifugiati e sta collaborando con la Commissione per i Rifugiati del Sudan per continuare a fornire protezione e assistenza. L’approvvigionamento di acqua e assistenza sanitaria di base sono ancora disponibili, e il Programma Alimentare Mondiale ha ripreso le distribuzioni di aiuti alimentari nei campi profughi nell’Est.

L’UNHCR lancia un appello urgente alla comunità internazionale affinché vengano stanziati nuovi finanziamenti per far fronte alla crescente crisi.

“Le necessità sono immense e le sfide molteplici”, afferma Raouf Mazou, L’Assistente Alto Commissario dell’UNHCR per le operazioni. “Se la crisi continua, la pace e la stabilità dell’intera regione potrebbero essere a rischio”.

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