COP: Da dove viene e dove sta andando? – IFAD

Il cambiamento climatico non è un fenomeno nuovo. Le temperature globali hanno sempre oscillato, ma è stato solo all’inizio del 1800 che i fisici hanno parlato per la prima volta dell’effetto serra, non molto tempo dopo l’introduzione della combustione industriale del carbone.
Più di un secolo dopo, influenzate dalle preoccupanti scoperte scientifiche emergenti, le Nazioni Unite formarono nel 1988 il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) per valutare la scienza alla base dei cambiamenti climatici. Nel 1990, il primo rapporto concludeva che le temperature erano aumentate fino a 0,6°C nell’ultimo secolo e che la responsabilità era dell’uomo.
Nel 1995, i pericoli posti dal riscaldamento delle temperature erano stati messi a nudo. Nello stesso anno, le Nazioni Unite agirono sulla base dei risultati dell’IPCC e organizzarono la Conferenza sui cambiamenti climatici a Berlino, il primo di molti vertici che sarebbero serviti come punti di incontro formali per la Conferenza delle Parti (COP) per discutere come affrontare i cambiamenti climatici.
Da allora, capi di Stato, ministri, attivisti, amministratori delegati e rappresentanti della società civile si sono riuniti nel tentativo di tracciare una tabella di marcia verso un futuro migliore.

Più che parole

La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è il più grande incontro annuale sull’azione per il clima. Nel corso degli anni ha prodotto una serie di risultati promettenti.
Dai capi di Stato che si sono impegnati a rendere accessibile l’energia pulita e a lavorare per una rapida transizione globale collettiva verso veicoli a emissioni zero, fino a fermare e invertire la perdita di foreste e il degrado del territorio entro il 2030. L’importanza di questi vertici non è mai stata così chiara come a Parigi nel 2015, durante la COP21.
Per la prima volta, 195 Parti si sono riunite dietro una causa comune: limitare il riscaldamento globale a ben meno di 2°C, rispetto ai livelli preindustriali. Un’impresa non da poco per un pianeta che sta assistendo ai drammatici effetti del cambiamento climatico, ma necessaria per prevenire future calamità. Questo trattato internazionale è diventato noto come Accordo di Parigi.
Otto anni dopo, alcuni Paesi hanno messo in atto piani ambiziosi per ridurre le proprie emissioni, mentre altri le hanno già ridotte considerevolmente.
Perché l’IFAD è presente alla COP? Per dare risalto ai piccoli agricoltori
Fino alla COP23 del 2017, i piccoli agricoltori e l’agricoltura non erano stati adeguatamente considerati nei negoziati sul clima.
Ma le cose sono cambiate quando il lavoro congiunto sull’agricoltura di Koronivia ha riconosciuto il potenziale unico dell’agricoltura nell’affrontare il cambiamento climatico. Questo, a sua volta, ha aperto la porta all’IFAD per portare i piccoli agricoltori al tavolo globale.
Da allora sono stati compiuti progressi significativi. La COP27 ha visto la storica istituzione di un Fondo per le perdite e i danni, aprendo la strada all’assistenza finanziaria per le nazioni più vulnerabili e colpite dagli effetti del cambiamento climatico.
Nonostante gli sforzi concertati della comunità internazionale per affrontare i cambiamenti climatici, i piccoli agricoltori sono ancora tra i più colpiti dai modelli meteorologici irregolari. E sebbene producano un terzo del cibo mondiale, ricevono l’1,7% dei finanziamenti per il clima, ovvero i fondi necessari per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici.
In tutto il mondo, le comunità che dipendono da mezzi di sussistenza basati sull’agricoltura sentono l’impatto del cambiamento climatico sugli ecosistemi locali e sulla sicurezza alimentare.L’allungamento delle stagioni secche e le inondazioni improvvise hanno reso incoerenti i calendari dei raccolti, un tempo prevedibili, e incerto il loro sostentamento.

L’IFAD finanzia e sostiene una serie di progetti che si concentrano specificamente sulla costruzione della resilienza delle comunità. Dalle colture autoctone resistenti alle intemperie ai sistemi di protezione sociale, dall’alfabetizzazione finanziaria al sostegno al risparmio.

Nel 2021, l’IFAD ha avvertito che la COP26 non riuscirà ad avere un impatto duraturo se i leader mondiali continueranno a trascurare gli investimenti nell’adattamento al clima e che ciò avrà un impatto globale, tra cui un aumento della fame, della povertà, dei conflitti e delle migrazioni.
Partecipando al vertice annuale sul clima, l’IFAD continuerà a mettere i piccoli agricoltori – comprese le donne, i giovani e le popolazioni indigene – al centro dei negoziati globali sul clima e a lanciare un messaggio forte e chiaro: non lasciare indietro nessuno.
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