L’ONU istituisce la Giornata internazionale di riflessione per il genocidio di Srebrenica

Giovedì 23 maggio 2024 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato l’11 luglio Giornata internazionale di riflessione e commemorazione del genocidio di Srebrenica del 1995. In cui furono uccise almeno 8.372 persone, sfollate migliaia e distrutte intere comunità.

Adottando una risoluzione con lo stesso titolo, l’Assemblea ha anche chiesto al Segretario Generale di istituire un programma di sensibilizzazione sul genocidio di Srebrenica in preparazione del 30° anniversario del prossimo anno.

L’Assemblea ha inoltre condannato qualsiasi negazione del genocidio di Srebrenica come evento storico. Ha invitato gli Stati membri a preservare i fatti accertati, anche attraverso i loro sistemi educativi, al fine di prevenire la negazione e la distorsione e il verificarsi di qualsiasi genocidio in futuro.

Il testo, sponsorizzato da Germania e Ruanda, è stato adottato con un voto registrato di 84 nazioni a favore, 19 contro e 68 astensioni.

Il massacro di Srebrenica

Il massacro di Srebrenica ha segnato uno dei capitoli più oscuri della guerra scoppiata dopo la dissoluzione dell’ex Jugoslavia.

Nel luglio 1995, l’esercito serbo-bosniaco invase Srebrenica precedentemente dichiarata zona sicura dal Consiglio di Sicurezza. L’esercito uccise brutalmente migliaia di uomini e ragazzi, espellendo 20.000 persone dalla città.

Una unità piccola e poco armata di peacekeepers olandesi sotto la bandiera delle Nazioni Unite non fu in grado di resistere alle forze serbo-bosniache.

La brutale uccisione dei musulmani bosniaci a Srebrenica da parte dell’esercito della Republika Srpska è stata riconosciuta come un atto di genocidio dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) e dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY).

Fermamente contrari al negazionismo

Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha accolto la risoluzione come “un ulteriore riconoscimento” delle vittime e dei sopravvissuti e della loro ricerca di giustizia, verità e garanzie di non ripetizione.

“La risoluzione è ancora più importante alla luce del persistente revisionismo e della negazione del genocidio di Srebrenica. Ma anche dei discorsi di odio da parte di leader politici di alto livello in Bosnia-Erzegovina e nei Paesi vicini”. Ha dichiarato in un comunicato.

Ha inoltre sottolineato la responsabilità dei leader politici della regione di impegnarsi in un dialogo costruttivo per costruire società pacifiche “dove le persone possano vivere in sicurezza e libertà, senza discriminazioni o paura di conflitti e violenze”.

Germania: Onorare le vittime

Introducendo la bozza di risoluzione, Antje Leendertse, Ambasciatore e Rappresentante permanente della Germania presso le Nazioni Unite, ha affermato che l’iniziativa intende onorare le vittime e sostenere i sopravvissuti, “che continuano a vivere con le cicatrici di quel periodo fatale”.

Il testo si ispira alla risoluzione dell’Assemblea Generale che ha designato il 7 aprile come Giornata internazionale di riflessione sul genocidio del 1994 contro i Tutsi in Ruanda.

“Il testo sottolinea inoltre il ruolo dei tribunali internazionali nel combattere l’impunità e assicurare la responsabilità per il genocidio, e contiene un linguaggio contro la negazione del genocidio e la glorificazione dei perpetratori”, ha aggiunto.

Ha anche parlato contro le “false accuse”, affermando che la risoluzione “non è diretta contro nessuno”.

“Non contro la Serbia, un membro stimato di questa Organizzazione. Se mai, è diretta contro gli autori del genocidio”, ha aggiunto l’ambasciatore Leendertse.

“Invito quindi tutti a giudicare il testo nel merito e a sostenere il nostro appello a commemorare e riflettere su quanto accaduto a Srebrenica quasi trent’anni fa”.

Serbia: un vaso di Pandora

Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha etichettato il testo come “altamente politicizzato”, affermando che avrebbe “aperto un vaso di Pandora”.

La bozza di risoluzione “è stata nascosta” dai suoi autori, ha detto. Aggiungendo che manca un processo inclusivo rispetto alla “risoluzione per il Ruanda”, che è stata preparata in “modo molto trasparente”.

Ha ricordato le discussioni sulla questione al Consiglio di Sicurezza a marzo.

“Quando volevamo discutere del bombardamento della Serbia nel 1999, ci hanno detto ‘non guardate al passato, guardate al futuro – è successo 25 anni fa’. Due giorni dopo, abbiamo scoperto che stavano preparando questo tipo di risoluzione relativa a eventi accaduti anche quattro anni prima [del 1999]”, ha detto.

“Quando hanno delle esigenze, esigenze politiche, possono andare in profondità nel passato. Quando qualcun altro si riferisce al passato, in quel caso i fatti non contano”.

Con i verdetti e le condanne già emessi attraverso il processo giudiziario, la risoluzione non farebbe altro che approfondire le divisioni e portare all’instabilità. Ha aggiunto il presidente Vučić.

“Non si tratta di riconciliazione, né di memoria, ma di qualcosa che riaprirà una vecchia ferita e creerà un completo scompiglio politico. Non solo nella nostra regione, ma anche qui, in questa sala”, ha sostenuto.

 

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