Quando le parole uccidono: i discorsi d’odio possono scatenare un genocidio?

I genocidi non iniziano con le pallottole o i machete, ma con i discorsi d’odio. L’Olocausto non è iniziato con le camere a gas, ma con i discorsi di odio. Il genocidio del 1994 contro i Tutsi in Ruanda è iniziato con decenni di discorsi d’odio esacerbati dalle tensioni etniche. Il genocidio di Srebrenica in Bosnia-Erzegovina è iniziato con una costante propaganda nazionalista attraverso i canali mediatici controllati dal partito che demonizzava la popolazione bosniaca musulmana.

Negli ultimi anni, il mondo ha assistito a diverse atrocità di massa. In molti di questi casi, l’hate speech è stato identificato come “precursore di crimini di atrocità, incluso il genocidio”. Sebbene l’uso dei social media e delle piattaforme digitali per diffondere l’odio sia relativamente recente, la strumentalizzazione del discorso pubblico a fini politici non è purtroppo una novità.

Come la storia continua a dimostrare, i discorsi d’odio uniti alla disinformazione possono portare alla stigmatizzazione, alla discriminazione e alla violenza su larga scala. Alice Nderitu, consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, ci parla delle conseguenze reali dei discorsi d’odio e di ciò che tutti noi possiamo fare per prevenire futuri focolai.

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