Rafah: Dichiarazione di Martin Griffiths, Sottosegretario generale per gli Affari Umanitari e Coordinatore degli Aiuti d’emergenza.

Dichiarazione su Rafah di Martin Griffiths, Sottosegretario generale per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti d’emergenza, 24 maggio 2024
 
Non c’è nulla di limitato nella sofferenza e nella miseria che l’operazione militare di Israele a Rafah ha portato alla popolazione di Gaza.
Come si temeva, è stata una tragedia senza parole.
L’incursione a Rafah ha provocato lo sfollamento di oltre 800.000 persone. Che sono fuggite ancora una volta temendo per la propria vita e sono arrivate in aree prive di ripari adeguati, latrine e acqua potabile.
Ha interrotto il flusso di aiuti verso il sud di Gaza e ha paralizzato un’operazione umanitaria già al limite della sopportazione.
Ha interrotto le distribuzioni di cibo nel sud e ha rallentato la fornitura di carburante per le linee di vita di Gaza – panetterie, ospedali e pozzi d’acqua – riducendola a un semplice rivolo.
Sebbene Israele abbia respinto gli appelli della comunità internazionale a risparmiare Rafah, il clamore globale per un arresto immediato di questa offensiva è diventato troppo forte per essere ignorato.
Con l’adozione odierna della risoluzione 2730 del Consiglio di Sicurezza che chiede la protezione degli operatori umanitari e l’ordine della Corte internazionale di giustizia di aprire il valico di Rafah per fornire aiuti su larga scala e fermare l’offensiva militare, questo è un momento di chiarezza.
È un momento per chiedere il rispetto delle regole di guerra a cui tutti sono tenuti: Ai civili deve essere permesso di cercare sicurezza. I soccorsi umanitari devono essere agevolati senza ostacoli. Gli operatori umanitari e il personale delle Nazioni Unite devono poter svolgere il proprio lavoro in sicurezza.
In un momento in cui la popolazione di Gaza sta rischiando la carestia, in cui gli ospedali vengono attaccati e invasi, in cui le organizzazioni umanitarie vengono bloccate per raggiungere le persone bisognose, in cui i civili vengono bombardati da nord a sud, è più che mai fondamentale ascoltare gli appelli lanciati negli ultimi sette mesi:
Rilasciare gli ostaggi. Concordare un cessate il fuoco. Porre fine a questo incubo.
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