Siamo la Generation Equality: Campioni nel porre fine alla Violenza contro le Donne

Un mondo uguale per tutti. Questo è quello in cui credono e ciò per cui si battono miliardi di persone provenienti da tutto il mondo, di qualsiasi età e che rappresentano diversi background. Tutte assieme, queste persone, sono la Generation Equality.

Per l’annuale campagna “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere” presentiamo alcune delle leader e pioniere che si sono unite al movimento “Woman’s Generation Equality” dell’ONU e che si sono attivate per combattere la violenza contro le donne e le ragazze.

Vanina Escales, Argentina

Vanina Escales è una giornalista e attivista argentina che non ne poteva più delle quotidiane notizie relative a donne uccise e della risposta passiva all’uccisione delle donne sulla base del loro sesso. Vanina e i suoi colleghi scrittori e giornalisti hanno fondato assieme un movimento culturale, politico e sociale chiamato “Ni Una Menos” che si estende in tutta l’America Latina e nel mondo.

Argentina

Attraverso un semplice e chiaro messaggio “Ni Una Menos” ha dato visibilità alla violenza economica, fisica e sessuale, così come la discriminazione di genere che avviene quotidianamente tra le mura di casa.

Vanina spiega: “Io credo nell’attivismo. Lo facciamo per coloro che non sono più qui. Scendiamo in piazza per chi ha perso la vita, per chi è morto combattendo per i diritti che tuttora non abbiamo e per chi se ne è andato senza la possibilità di difendersi,”; e ancora: “La violenza di genere e quella sessuale sono integrate nei rapporti di potere… potere che è ben radicato nelle mascolinità egemoniche. I crimini sessuali sono crimini di potere e lo stupro fa parte della pedagogia con la quale viene mantenuto l’ordine morale del patriarcato.”

Maya Tutton, Regno Unito

Per Maya Tutton vedere la sorella minore affrontare le molestie sessuali in luoghi pubblici è stato il fattore scatenante che l’ha spinta ad intervenire.

Maya racconta: “Crescendo, una delle mie più frequenti esperienze di sessismo sono state le molestie sessuali che ho dovuto affrontare in luoghi pubblici. Tuttavia, ho realizzato che qualcosa doveva essere fatto nel momento in cui mia sorella minore, Gemma, ha cominciato a subire tutto ciò,”.

“Ciò che prima era accettabile tende a diventare inaccettabile quando capita alle persone che amiamo.”

Maya e Gemma hanno fondato insieme “Our Streets Now”, chiedendo il diritto per donne e ragazze di sentirsi ed essere al sicuro nei luoghi pubblici. Il loro movimento è nato come una petizione ed è poi diventato una comunità virtuale in cui donne e ragazze condividono le proprie esperienze e storie di molestie sessuali avvenute in pubblico. Maya e Gemma oggi lavorano per sensibilizzare e destigmatizzare le molestie pubbliche, invocando una riforma politica e legislativa che garantisca la sicurezza, per tutti, nei luoghi pubblici.

Ajna Jusic, Bosnia e Erzegovina

Ajna Jusic è nata a seguito di una violenza sessuale avvenuta durante il conflitto in Bosnia e Erzegovina.  Dopo alcune ricerche, Anja si imbatté in un resoconto dettagliato di ciò che successe a sua madre e a seguito di questo si è poi impegnata ad unirsi ad altre persone che hanno condiviso la stessa esperienza e a sostenere i diritti di sua madre.

Bosnia

Anja racconta: “Nel 2015, in 15 di noi, ci siamo incontrati per la prima volta. Per tre ore nessuno ha proferito parola. Siamo semplicemente stati seduti e abbiamo realizzato, per la prima volta, che non eravamo soli,”.

In qualità di presidente dell’associazione “Forgotten Children of War”, Anja lavora affinchè lei e tutti gli altri bambini frutto delle violenze sessuali avvenute durante la guerra vengano riconosciuti come una categoria vulnerabile al fine di incrementare il loro accesso all’assistenza sanitaria, al supporto psicologico e legale e alle borse di studio.

Anja sostiene: “Non vogliamo essere invisibili; vogliamo essere trattati allo stesso modo,”.

Cindy Sirinya Bishop, Tailandia

Cindy Sirinya Bishop è una top model, attrice, conduttrice televisiva e attivista tailandese, nonché Ambasciatrice di UN Women per l’Asia e il Pacifico. Usa la sua influenza e i social per contrastare le attitudini sociali sul tema della violenza sessuale e il trattamento riservato alle vittime.

Thai

“Quando vidi il titolo di un giornale riportare come le forze dell’ordine dicevano alle donne come vestirsi, iniziai ad utilizzare i miei social per dichiarare la mia posizione contro l’idea secondo cui l’abbigliamento delle donne possa essere la ragione degli abusi sessuali,” racconta Cindy. “Diventai un’attivista per sostenere le iniziative volte a diffondere la consapevolezza riguardo alle vere cause della violenza di genere e per affermare che, come comuni cittadini, noi tutti possiamo perseguire il cambiamento”

In collaborazione con UN Women, Cindy creò la mostra e il movimento diffuso attraverso i social media #Donttellmehowtodress, ponendo l’accento sull’importanza delle azioni quotidiane per dare un taglio alla violenza sessuale sulle donne.

Tina Musuya, Uganda

Tina Musuya notò per la prima volta all’interno della sua stessa famiglia come le ragazze e i ragazzi erano trattati in modo diverso. Osservò che solo le donne lavavano i piatti e cucinavano.

Uganda

“Non mi piaceva per nulla; mi rifiutavo di eseguire tutte le faccende domestiche e pretendevo che anche i ragazzi, i miei fratelli, ne facessero,” racconta.

Da adulta, Tina è direttrice generale del Centre for Domestic Violence Prevention e attiva sostenitrice dell’eliminazione della violenza di genere.

“È sempre più forte il bisogno di creare un mondo più sicuro affinché le donne possano prosperare nella loro vita privata e non,” afferma Tina. “Dobbiamo contrastare la violenza sulle le donne inclusa la violenza domestica, le molestie, la violenza e lo sfruttamento sessuali, la mutilazione genitale femminile e il cyber-bullismo.”

Racha Haffar, Tunisia

Racha Haffar, un membro della UN Women’s Generation Equality Task Force, venne a conoscenza del pericolo della tratta di essere umani quando fece domanda per lavorare come au-pair in Inghilterra. Le famiglie avrebbero risposto che erano interessate ad assumerla, ma che non avrebbero inviato ulteriori informazioni riguardo loro stesse o il lavoro. Facendo alcune ricerche più approfondite realizzò quante ragazze e donne fossero cadute vittime del traffico attraverso programmi del genere.

Tunisia

“Ero una privilegiata, avevo accesso all’istruzione e ad Internet,” spiega Racha. “Ma milioni di ragazze vivono al buio, soprattutto in aree rurali dove non si ha accesso ad Internet e non sono nemmeno consapevoli dei rischi.”

Racha focalizzò i suoi studi sulla questione della tratta delle donne e nel 2016 fondò la prima organizzazione antitraffico in Tunisia, Not 4 Trade.

“Il problema più grande della tratta di esseri umani è la scarsa consapevolezza della sua esistenza. Ogni giorno possiamo entrare in contatto con una vittima, ma non riusciamo a riconoscerla perché non sappiamo come leggere i segnali. Molte sopravvissute che ho incontrato erano consapevoli del fatto di aver subito qualcosa di orribile, ma non sapevano dargli un nome,” Spiega Racha. “La tratta di esseri umani dovrebbe essere un argomento da trattare nelle scuole, nei notiziari. È uno dei crimini più redditizi e i numeri stanno crescendo.”

Per ulteriori storie sulla Generation Equality, visita il sito www.unwomen.org .

 

 

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