Dichiarazione del Vicedirettore Esecutivo del WFP dopo la Visita a Gaza

DICHIARAZIONE DEL VICE DIRETTORE ESECUTIVO DEL WFP DOPO LA VISITA A GAZA

 

Oggi abbiamo visitato Gaza e nulla mi ha preparato alla paura, al caos e alla disperazione che abbiamo incontrato.

 

Confusione nei magazzini, punti di distribuzione con migliaia di disperati affamati, supermercati con scaffali vuoti e rifugi sovraffollati con bagni che scoppiano. Il tonfo sordo delle bombe è stato la colonna sonora della nostra giornata.

 

A una distribuzione di cibo, una donna mi ha detto che viveva con altre nove famiglie in un appartamento. La notte fanno i turni per dormire, perché non tutti possono stendersi nello stesso momento. Più tardi, siamo passati davanti a un cimitero con persone riunite per quella che sembrava una sepoltura. Guardando più da vicino abbiamo visto che stavano tagliando gli alberi del cimitero per usarli come legna da ardere.

 

La nostra missione è iniziata con il nostro veicolo bloccato al confine di Rafah per ore, un promemoria di quanto sia complicato far arrivare a Gaza aiuti e personale di importanza cruciale e della necessità critica di più valichi di frontiera.

 

Siamo venuti a Gaza per dimostrare il nostro impegno nei confronti del popolo palestinese e per sostenere i nostri dipendenti.

In un incontro emozionante con il nostro personale e le loro famiglie, ci hanno chiesto cosa sarebbe successo, quali erano i nostri piani? Non c’erano risposte chiare o semplici.

 

Il nostro team a Gaza sta facendo un lavoro incredibile. Stanno vivendo un’immensa crisi umanitaria e allo stesso tempo cercano di affrontarla. Finora hanno distribuito cibo a oltre un milione di persone. Ogni giorno lavorano con determinazione per evitare che i gazesi muoiano di fame e continuano a trovare soluzioni creative, nonostante la paura per le loro vite e le numerose sfide.

 

Ma questo non è più sostenibile. Con il crollo dell’ordine pubblico, qualsiasi operazione umanitaria significativa è impossibile. Con solo una frazione delle forniture alimentari necessarie in arrivo, una mancanza fatale di carburante, interruzioni dei sistemi di comunicazione e nessuna sicurezza per il nostro personale o per le persone che serviamo durante le distribuzioni di cibo, non possiamo fare il nostro lavoro.

 

La gente a Gaza è disperata. Si vede la paura negli occhi di donne e bambini. I gazesi vivono ammassati in rifugi malsani o per strada mentre l’inverno si avvicina, sono malati e non hanno cibo a sufficienza.

 

Un’indagine del PAM condotta durante la pausa delle ostilità ha mostrato che i gazesi semplicemente non mangiano. In alcune aree, nove famiglie su dieci hanno trascorso un giorno e una notte interi senza cibo. Alla domanda su quanto spesso ciò accadesse, ci hanno risposto che per un massimo di 10 giorni nell’ultimo mese non avevano mangiato cibo.

 

Durante i 7 giorni di pausa il PAM ha dimostrato che possiamo consegnare se le condizioni lo permettono. Abbiamo cibo sui camion, ma abbiamo bisogno di più di un passaggio. E una volta che i camion sono dentro, abbiamo bisogno di un passaggio libero e sicuro per raggiungere i palestinesi ovunque si trovino.

 

Questo sarà possibile solo con un cessate il fuoco umanitario e, in definitiva, abbiamo bisogno che questo conflitto finisca.

 

Venerdì 8 dicembre, il vicedirettore esecutivo del PAM Carl Skau, il direttore regionale per il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Europa orientale, Corinne Fleischer, e il direttore nazionale per la Palestina, Samer AbdelJaber, sono entrati a Gaza attraverso il valico di Rafah per incontrare il personale del PAM, i commercianti locali e i palestinesi colpiti dal conflitto in corso.

 

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