Policy Brief del Segretario Generale ONU – Il mondo del lavoro e COVID-19

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Il COVID-19 sta producendo effetti drammatici globali su impieghi, sostentamento e benessere dei lavoratori e delle loro famiglie così come sulle imprese, in particolare piccole e medie.

Tra i gruppi vulnerabili colpiti in modo particolare: lavoratori informali, giovani, donne, persone con disabilità, rifugiati e migranti.

L’effetto sui giovani – soprattutto donne – è sproporzionato e devastante. I giovani spesso si trovano a guadagnare meno e a conseguire competenze di livello inferiore nel corso della propria esistenza professionale, evidenziando la possibilità di una ‘generazione lockdown’. Ciò implica anche il rischio di accresciute disuguaglianze sia sul piano domestico sia tra Paesi.

Le economie in via di sviluppo e fragili saranno tra quelle meno in grado di fronteggiare la situazione, a causa degli alti livelli di informalità e dell’assenza di un adeguato sistema fiscale che garantisca a tutti, tra le altre misure, tutela sociale.

Tornare al passato come se nulla fosse accaduto non è un’opzione. Occorre puntare a una ripresa che affronti le lacune messe in luce da questa crisi e che minano il mondo del lavoro, per esempio in tema di protezione sociale, lavoro assistenziale non retribuito, tutela dei diritti dei lavoratori, rischi associati alle nuove tecnologie.

Uno sforzo coordinato globale, regionale e nazionale volto a creare lavori decenti e produttivi per tutti può fornire la base per una ripresa verde, inclusiva e resiliente. L’Agenda 2030 deve rappresentare la nostra stella polare.

Proponiamo una risposta articolata in tre fasi:

· Breve periodo: fornire supporto immediato a lavoratori, imprese, occupazioni e redditi a rischio per scongiurare la chiusura di attività commerciali e perdite di impiego. Per salvare tempo gli interventi dovrebbero poggiare su strutture esistenti, indirizzando l’attività verso uno sviluppo sostenibile ‘verde’.

· Medio periodo: incoraggiare una ripresa strutturata delle economie e un approccio comprensivo al rientro al lavoro che non comprometta la salute dei lavoratori e continui a mantenere la guardia alta contro il virus. Proteggere la salute non vuol dire mantenere l’attività economica bloccata.

· Lungo periodo: creare occupazioni decenti e produttive a sostegno di una ripresa e di uno sviluppo futuro del lavoro che siano verdi, inclusivi e resilienti. Ciò deve includere investimenti nella tutela sociale e nella formalizzazione del settore informale; nella

mitigazione del cambiamento climatico e nella creazione di lavori verdi; nell’economia delle attività assistenziali. Occorre inoltre ridurre il divario tecnologico e garantire che le nuove tecnologie siano adottate a supporto di uno sviluppo centrato sull’elemento umano.

Lavoratori e occupazione

· A metà maggio il 94 % dei lavoratori mondiali viveva in Paesi soggetti a misure di chiusura del posto di lavoro.

· Per il secondo trimestre del 2020 si prevedono perdite massicce di ore lavorative (pari a 305 milioni di posti di lavoro a tempo pieno).

· Il 38% della forza lavoro globale – 1,25 miliardi di lavoratori – è impiegata in settori economici definiti ad alto rischio (ristorazione e alloggi, vendita al dettaglio e all’ingrosso, servizi alle imprese e amministrazione e produzione).

· Si tratta di una crisi multidimensionale per i giovani. Oltre a perdere le loro fonti di reddito, si trovano a dover affrontare anche problemi di istruzione e formazione e maggiori difficoltà a trovare un lavoro. Rischiamo di creare una “generazione di blocco”. L’esperienza (ad es. la crisi finanziaria del 2009) ci mostra che i giovani colpiti spesso guadagnano meno e raggiungono livelli di competenza più bassi nel corso della loro vita lavorativa.

· A lungo termine, sarà più difficile per i Paesi recuperare se non potranno sfruttare al meglio il talento e le competenze dei loro giovani. Permetterà inoltre di aumentare le disuguaglianze, sia all’interno dei Paesi che tra di essi.

Anche i gruppi vulnerabili sono gravemente colpiti

Molti altri gruppi svantaggiati (persone con disabilità, gruppi indigeni ed etnici, sfollati interni, piccoli agricoltori, ecc.) sono diventati ancora più vulnerabili con l’aggravarsi della crisi.

Imprese ed economie

· I settori più a rischio sono tutti ad alta intensità di manodopera. Essi comprendono vitto e alloggio (con 144 milioni di lavoratori), vendita al dettaglio e all’ingrosso (482 milioni), servizi alle imprese e amministrazione (157 milioni) e produzione (463 milioni).

· Secondo le previsioni l’agricoltura sarà colpita negativamente, con un certo scarto temporale, perchè molti dei lavoratori si trovano già in condizione di povertà, mancano delle protezioni sociali e lavorano nel settore informale.

· Le piccole e medie imprese sono la spina dorsale dell’economia globale, ma molte non hanno la capacità o le risorse per andare avanti e potrebbero non riprendersi, dando luogo a una seconda ondata di disoccupazione.

· Timori precedenti alla pandemia riguardo alcuni fattori di cambiamento già esistenti (ad esempio nuove tecnologie, mutamenti demografici, cambiamento climatico e globalizzazione) stavano già alimentando un clima di preoccupazione. La disoccupazione e la crescente povertà causata dal Covid-19 potrebbe erodere ulteriormente la coesione sociale e destabilizzare socialmente politicamente, ed economicamente gli stati.

Risposte

· Non possiamo tornare indietro al mondo prima del Covid-19, ma possiamo plasmare il modo di procedere. Una nuova, migliore dimensione di normalità è possibile, se ci dimostriamo intraprendenti.

· L’impatto del Covid-19 si è propagato con enormi danni sanitari, economici e sociali. Per essere efficaci, le risposte devono tenere in considerazione tutti questi aspetti.

· Sappiamo qual è la direzione. Le nostre azioni dovrebbero fondarsi su strutture normative esistenti e convenute, inclusa l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, gli Accordi di Parigi sul Cambiamento Climatico, la Dichiarazione del Centenario dell’OIL per il Futuro del Lavoro e i rilevanti Standard Internazionali del Lavoro.

· Usare il dialogo sociale per trovare soluzioni. Il dialogo sociale sarà essenziale per riunire il largo supporto di cui abbiamo bisogno per attuare questi cambiamenti. Si tratta di un modo efficace e comprovato per assicurare che circostanze e bisogni locali siano riconosciuti. Permette a tutte le parti in causa di avere una voce e in tal modo incoraggia soluzioni innovative e creative.

· Costruire una migliore condizione di normalità implica un nuovo approccio. Usare incentivi fiscali per guidare il passaggio verso interventi che mettano al certo l’essere umano e siano inclusivi, che bilancino i requisiti socioeconomici con la necessità di un ecosistema sostenibile, che orientino gli investimenti verso le capacità, le infrastrutture e la tecnologia, l’assistenza e le economie sostenibili.

· Con le giuste e tempestive azioni basate su un approccio in tre fasi, possiamo emergere da questa crisi verso un futuro più resiliente, equo e sostenibile.

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